Quello che all’asilo non vi hanno mai detto – reprise

Le fiabe rispecchiano, attraverso metafore e allegorie, l’animo umano, e di conseguenza anche la sessualità, che dell’animo umano è parte integrante; Bruno Bettelheim (1903-1990), autorevole psicanalista (che compare nel ruolo di sé stesso in “Zelig” di Woody Allen), nel testo “Il mondo incantato” sosteneva che nelle fiabe dei fratelli Grimm sarebbero raccontati i miti freudiani, e quindi sarebbero sublimati anche i nostri istinti più “bassi”, perché come diceva lo stesso Freud, “Le pulsioni sono i nostri miti”.

Nobilitato da tale premessa, posso dare libero sfogo alla mia goliardia andando ad individuare quelle “particolari inclinazioni” individuabili nelle fiabe più note:

Cenerentola= fin troppo facile, feticismo: il principe è un retifista, un feticista del piede femminile e delle relative calzature. Uno che cerca la sua donna eclusivamente dall’osservazione del piede, nella ricerca del piede perfetto nella scarpa perfetta.

I vestiti nuovi dell’imperatore= esibizionismo. L’imperatore sfila nudo per le vie (pensando di indossare degli abiti speciali) mentre il popolo ne acclama la “naturale eleganza”.

La bella addormentata nel bosco= necrofilia: un principe che bacia quella che sembra una ragazza morta.

Il principe ranocchio= anche qui la soluzione è abbastanza semplice, zoofilia: una ragazza che bacia un rospo (o una rana/ranocchia, a seconda delle traduzioni), in alcune versioni il ranocchio si trasforma in principe dopo aver passato la notte sul cuscino della principessa, ovvero dopo essere stato a letto con la principessa. Jung, però (e per davvero), ne ravvisava la rappresentazione simbolica della perdita della verginità femminile.

Cappuccetto Rosso= travestitismo: il lupo che indossa gli abiti della nonna, e asseconda il gioco di ruolo rispondendo alle domande di Capuccetto Rosso sulle proprie caratteristiche fisiche (“che orecchie grandi che hai…”), inoltre il titolo della favola nonché il soprannome della protagonista sono un riferimento all’abbigliamento/travestimento.

Pinocchio= onanismo: Pinocchio è un burattino, nato da un intenso e solitario lavoro manuale (…) di Mastro Geppetto. C’è un’unica figura femminile nella sua vita, ed è una donna immaginaria (la fata turchina). La storia di Pinocchio è la storia della sua tensione e diventare carnale.

Raperonzolo= Scambismo ed esercizio della libertà sessuale. La cosa merita un approfondimento serio; ricordando solo la trama principale della fiaba non vi trovavo allegorie sessuali, fino a quando non ho letto il testo integrale, leggete questi estratti del prologo: “C’era una volta un uomo e una donna […] Un giorno la donna stava alla finestra e, guardando il giardino vide dei meravigliosi raperonzoli in un’aiuola. Subito ebbe voglia di mangiarne e, siccome sapeva di non poterli avere, divenne magra e smunta a tal punto che il marito se ne accorse […] Così, una sera, scavalcò il muro, colse in tutta fretta una manciata di raperonzoli e li portò a sua moglie. La donna si preparò subito un’insalata e la mangiò con avidità. Ma i raperonzoli le erano piaciuti a tal punto che il giorno dopo la sua voglia si triplicò. L’uomo capì che non si sarebbe chetata, così penetrò ancora una volta nel giardino”. A voler cercare necessariamente un’allusione si potrebbe pensare, con l’ausilio di una certa malizia, che i raperonzoli rappresentino uomini e amanti occasionali, e il marito vestire i panni di uno scambista ante-litteram, ma si tratta di esercizio di fantasia, fin quando il marito non viene beccato dalla maga, proprietaria del giardino in cui crescevano i raperonzoli (una moglie ignara delle avventure del marito?), la donna ascoltate le scuse dell’uomo rispose: “ti permetto di portar via tutti i raperonzoli che desideri, ma a una condizione: mi darai il bambino che tua moglie metterà al mondo”. Il collegamento verbale diretto tra l’uso dei raperonzoli e la nascita di un bambino vivifica l’impressione sopra esposta. Continuando a leggere la fiaba con la stessa chiave di lettura, si apprende una storia di ordinaria chiusura mentale, infatti Raperonzolo, la bambina che poi effettivamente nacque, fu cresciuta dalla maga e rinchiusa in una torre all’età di dodici anni, ovvero quando cominciava a diventare una donna, probabilmente per impedirle di diventare una “scostumata” come la sua vera madre, ma un principe trovò il modo di salire sulla torre aggrappandosi alle lunghe trecce di Raperonzolo; dunque, la tradizione orale e i fratelli Grimm non ci dicono che i due giovani fecero l’amore, altrimenti non starei qui a scrivere di simbologie, ma la cosa diventa alquanto chiara quando la maga, scoperte le visite clandestine che la sua figlia adottiva riceveva, ripudiò la ragazza che guarda un po’, dopo qualche mese partorì due gemelli, da sola e fra gli stenti, immagine tristemente suggestiva pensando alla situazione delle donne in quelle culture che non a caso hanno anche una rigida morale sessuale.

7 pensieri riguardo “Quello che all’asilo non vi hanno mai detto – reprise”

  1. del resto l’umorismo popolare rimane una vena aurea per l’interpretazione sociale e culturale, e a tal proposito le barzellette che hanno come oggetto gli allungamenti di Pinocchio si sprecano

  2. Le favole son tutte così. La promessa di un sogno fantastico nasconde perversioni di ogni tipo. Un po’ come il matrimonio, o la vita in genere.

  3. Si vede che non aveva letto fiabe italiane di Calvino… Vorrei vedere cosa direbbe Bettelheim su fiabe come Pollicino e Cecina, l’uccello belverde o barbablu’.

    D’altronde uno nelle fiabe ci vede quello che vuole, quindi un analista ci vedra’ Freud, uno psichiatra Gentile e via dicendo. cappuccetto rosso io sapevo che era in realta’ un’allegoria del raggiungimento della maturita’ sessuale (simbolizzata dal cappuccio rosso) e delle insidie che comporta.

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