UNA RIUNIONE URGENTE – ATTO II

Bandiera della Repubblica di Sarmatia

QUI IL PRIMO ATTO

La sala riunioni è una stanza a base rettangolare, ogni lato è occupato da un immenso dipinto che raffigura una fase della gloriosa storia della Sarmatia, dalla sua fondazione sotto Marco Aurelio alla rivoluzione di inizi novecento. Al centro un pesante tavolo. I membri del consiglio si dispongono secondo regola: a una estremità il Presidente, alla sua destra c’è il primo ministro, poi il segretario del Consiglio, quindi il ministro degli esteri e quello della difesa. Il “braccio sinistro” parte dal prefetto della guardia pretoriana, prosegue col capo dei servizi interni, poi il ministro degli interni nonché capo della polizia, e infine il direttore dei servizi per la sicurezza internazionale.


Nicarco e Vera, sedendosi, non possono non notare che la sedia del presidente è posta su una pedana ancora più alta dell’ultima volta.
«Sempre più in alto, tra un po’ userà le sedie degli arbitri di tennis.»
Bisbiglia Sestio a Vera.
«Così può dire ai media che oltre a essere un campione di scherma è anche un tennista professionista.»
«E un esperto alpinista…»
Sestio e Vera soffocano una risatina per non attirare l’attenzione di Nicarco e Vinicio.
Entra nella stanza il presidente Valente Pullus.
Nicarco Pastor scatta in piedi per primo, seguito dagli altri.
Il presidente prende posto sulla sua poltrona trenta centimetri più alta delle altre.
«Comodi… comodi. Allora amici, innanzitutto scusate la sedia ma come saprete la schiena e il collo non mi danno pace, gli anni di ciclismo agonistico mi presentano il conto…»
Vera Mallus e Sestio Nazarius si guardano di sottecchi in maniera furtiva.
Il presidente continua: «… e stando in alto posso guardarvi tutti muovendomi il meno possibile. Allora: vi ho convocati prima della riunione di domani per discutere degli aspetti tecnici di un cambio di strategia. Come saprete i Paesi a noi ostili stanno per varare un nuovo pacchetto di sanzioni… non che ci piegheranno mai con quelle misere e illegittime misure… ma la faccenda sta diventano alquanto seccante…»
Silio Lavinius sconsolato annuisce e indica il numero 3 con le dita: «Trecento metri quadri di terrazza… vista mare… »
Sergio Sosius lo conforta con due pacche sulla spalla.
Valente Pullus conclude la sua premessa: «Quindi è necessario velocizzare l’operazione in Dacia e passare al piano Commodo.»
Brusio preoccupato.
Silio Lavinius: «Ma Presidente… il piano Commodo significa…»
«Significa l’isolamento internazionale per decenni… anche i pochi Paesi che ancora ci sono amici ci volteranno le spalle…»
Conclude Mirco Minius.
«Magari fosse solo questo… – aggiunge Sergio Sosius – significa entrare in guerra col resto del mondo!»
Il presidente minimizza: «Esagerati… dicevate anche che le sanzioni occidentali avrebbero messo in ginocchio la nostra economia, e invece avete visto la fila davanti ai fast food americani che abbiamo nazionalizzato?»
«Ehm… sì Presidente, se si riferisce alle foto diffuse da Sarmatia News… in realtà quella era la fila per lasciare il curriculum, sono intervenuto io per far scrivere che erano clienti…»
Precisa Albezio Bonus.
Mirco Minius: «Presidente, come le ho esposto stamane durante la direzione economica e di bilancio, stiamo finendo le riserve di valuta estera, non sappiamo come pagare i titoli di Stato in scadenza ed evitare il default…»
Valente Pullus: «Ma le nostre esportazioni di ferro e alluminio sono costanti, l’occidente dipende da noi…»
Mirco Minius: «E noi dipendiamo da loro; è vero che le esportazioni sono costanti, ma solo come quantità e non come controvalore. Stiamo vendendo a metà del prezzo ai Paesi amici, che a loro volta rivendono all’occidente. Rischiamo una situazione come quella dei primi anni 90…»
Valente Pullus sbatte un pugno sul bracciolo della sua poltrona: «Basta! Non voglio sentir parlare degli anni novanta! Ve l’ho già detto!»
Valente Pullus respira profondamente cercando di sbollire la rabbia, mentre gli altri membri del consiglio tacciono con la testa bassa.
«Noi non siamo come quelle bestie che hanno portato al crollo della Federazione sarmata. Sì… d’accordo, magari qualcuno di noi ha il vizietto di trattenere per sé i fondi pubblici…»
Valente Pullus lancia uno sguardo ai membri del Consiglio, che a loro volta guardano altrove: «Magari qualcuno non è esattamente all’altezza del ruolo che ricopre…»
Tutti guardano Sestio Nazarius, che cerca di assumere un’espressione innocente.
«Ma noi non siamo delle marionette degli occidentali, noi siamo dei veri sarmati e il nostro unico obiettivo è la gloria della nostra Nazione! Noi siamo i veri eredi di Marco Aurelio e dell’Impero Romano!»
Nicarco Pastor comincia a battere energicamente le mani, ma dopo un po’ si accorge di essere il solo e smette.
«Ma torniamo a noi… – continua il presidente – ammettiamo pure che ci siano delle problematiche economiche legate all’operazione: è una ragione in più per concludere la campagna in Dacia il prima possibile.»
Un silenzio imbarazzato aleggia nella sala.
Nicarco prende la parola, si alza in piedi e sfila lentamente dietro ai membri del consiglio: «Colleghi, capisco le vostre titubanze, ma vi ricordo che qui non è solo in atto uno scontro tra la nostra gloriosa Nazione e gli usurpatori della Dacia, ma è uno scontro tra il bene e il male.»
Vera Mallus, Sestio Nazarius e Albezio Bonus cercano una posizione più comoda, aspettandosi un lungo e terribilmente noioso monologo di Nicarco.
«Tra la moralità e l’immoralità. Tra la decenza e la dissolutezza. Tra la purezza e il vizio… la promiscuità… la depravazione… i rapporti sessuali tra sconosciuti… orge, orge con corpi avvinghiati, sudati e bellissimi…»
Nicarco si blocca, come rapito da una visione.
«Nicarco…»
Lo chiama il presidente.
Nicarco si volta verso il Presidente, ha gli occhi spiritati: «Eh?»
Valente Pullus: «Concludi.»
«Ah sì… dicevo: questa non è solo un’operazione militare, noi abbiamo la possibilità di rimettere sulla giusta strada l’intera umanità. Solo per darvi un’idea: ho delle fonti attendibili secondo cui i leader occidentali abbiano cominciato a praticare il cannibalismo.»
Albezio: «Il cannibalismo Nicarco? Davvero? Il cannibalismo? Sbaglio o prima della crisi partecipavi pure tu alle cene ufficiali? Te lo ricordi il presidente Andersson che era intollerante al glutine? Te lo ricordi il primo ministro olandese che vomitò la tartare di tonno? E ora vuoi dirci che praticano il cannibalismo?»
Albezio si rivolge a tutti gli altri: «Amici io accetto tutto, accetto di lavorare 24 ore al giorno, accetto anche una guerra…»
Zolius: «Prego?»
Albezio: «Sì Vinicio, non mi rompere i coglioni, è una guerra. Quella cosa dell’operazione militare di assestamento geopolitico l’ho inventata io, non me la devi ricordare tu, ma siamo tra di noi e non davanti alle telecamere.»
Vinicio guarda il Presidente Pullus che gli fa segno con la mano di stare calmo.
«Dicevo: io accetto tutto, sono pronto a morire per la Sarmatia, per il Consiglio di Sicurezza e per il Presidente, ma non posso permettere che mi si raccontino queste cazzate da blog complottista… proprio a me!»
Nicarco Pastor guarda sgomento Albezio, poi si volta verso il Presidente.
Valente Pullus: «Ha ragione, Nicarco: Albezio con le fake news ci ha costruito una carriera. Nel campo è praticamente un luminare.»
Albezio: «Grazie Presidente.»
Valente Pullus: «È la verità. – Poi rivolgendosi a Nicarco – Questa tua invasione di campo è stata inopportuna e poco elegante, Nicarco.»
Nicarco Pastor abbassa il capo, come un bambino appena sgridato.
«Come si dice?»
Il presidente rincara la dose.
«Scusa.»
Risponde Nicarco quasi impercettibilmente.
«Non lo devi dire a me.»
Dice Valente Pullus.
«Scusa.»
Ripete Nicarco questa volta guardando Albezio.
«Scuse accettate. Andiamo avanti…»
«Ora stringetevi la mano.»
Aggiunge il presidente Pullus sempre più divertito.
Albezio porge la mano a Nicarco e lui lo abbraccia.
Parte un sobrio applauso da parte degli altri membri del Consiglio.
Nicarco stringe a sé Albezio in maniera inopportuna.
L’abbraccio diventa troppo lungo e imbarazzante, Albezio prova a liberarsi: «Ok, ora basta…»

Intanto a Villa Petri Orazio sta sonnecchiando nell’abitacolo del furgone.
Druso arriva di gran carriera e bussa violentemente per svegliare Orazio.
Orazio sobbalza. Poi abbassa il finestrino: « Ma che cazzo Druso… che c’è?»
«Il generale è impazzito: improvvisamente ha cominciato a urlare e ha scaraventato un sergente dal secondo piano…»
«Un sergente? Cazzo, è successo qualcosa di grosso… finora al massimo aveva lanciato un caporal maggiore… arrivo, non me lo posso perdere!»

La riunione urgente del Consiglio di Sicurezza, prosegue.
Valente Pullus guarda l’orologio:
«Vogliamo cominciare ad esaminare i dettagli, per favore? Tra un po’ ho un colloquio con i miei consiglieri…»
«Io non darò mai l’ordine di usare un ordigno nucleare! »
Esclama Sergio Sosius, provocando un brusio di sorpresa.
Valente Pullus: «Non mi sorprendo affatto Sergio, del resto se avessi voluto vincere questa campagna lo avresti già fatto. Se non darai l’ordine tu lo darà Vinicio.»
«Ma Vinicio non è il Capo di Stato Maggiore…»
Silio Lavinius si rivolge a Sergio Sosius.
«Ehm… immagino che il Presidente intenda dire che Vinicio prenderà il tuo posto.»
«Ah… ma… ma la nomina di un nuovo ministro deve passare per il Parlamento, e non è detto che approverebbe; il Parlamento è libero e indipendente.»
Scoppia una fragorosa risata.
Silio tocca una mano di Sergio Sosius, a confortarlo: «È davvero ammirevole che anche in questa situazione tu non perda la voglia di scherzare…»
All’improvviso una tempesta di notifiche sui telefoni dei consiglieri. Sestio Nazarius rifiuta una chiamata.
Valente Pullus: «Deduco che siano state approvate le nuovi sanzioni. Facciamo una pausa, così potete studiarle… »
Poi lanciando poi un’occhiata a Sergio Sosius: «… e magari qualcuno ne approfitta per schiarirsi le idee.»
I consiglieri si alzano per uscire dalla sala e tornare nell’anticamera.
Mirco Minius si avvicina a Sestio Nazarius e gli bisbiglia nell’orecchio: «Vediamoci in bagno.»

Sestio sa a quale bagno Mirco si riferisce: quello degli inservienti e degli addetti alle pulizie, non quello del personale o degli ospiti, ma l’unico bagno che secondo voci ben informate sarebbe libero da microspie.

In quel bagno Sestio, Sergio, Silio e Vera attendono l’arrivo del primo ministro.
Silio Lavinius scorre sullo smartphone le foto di una di una villa con terrazza vista mare, e una lacrima solca il suo viso.
Sergio Sosius ingolla tutta la confezione di pastiglie antiacido.
Sestio Nazarius rifiuta ancora una chiamata sul telefono.
Vera Mallus si accende un sigaro.
«Sei sicura che puoi fumare qui?»
Le chiede Silio.
«Se è per questo non potrei neanche esserci qui, visto che è il bagno degli uomini…»
Gli risponde Vera.
«Ma a me dà fastidio il fumo…»
Continua Silio.
«Vuoi denunciarmi? Se vuoi ti do il numero del capo della polizia, anzi te lo chiamo io… – Vera Mallus porta il telefono all’orecchio. – Strano: è occupato… ah ma certo: sono io il capo della polizia!»
Finalmente arrivano Albezio Bonus e Mirco Minius.
Albezio Bonus porta l’indice alla punta del naso per comunicare a tutti di non dire nulla di compromettente. Si assicura che non ci sia nessun altro in bagno oltre loro, poi fa un segno a Micro Minius per comunicargli che l’area è sicura.
Mirco: «Allora signori: mi pare evidente che Pullus sia andato completamente fuori di testa.»
Annuiscono tutti.
Mirco continua: «Voglio capire quanti di voi sarebbero disposti a porre fine a questo presidentato…»
Sestio: «Ma per l’impeachment servono due terzi del Parlamento…»
Tutti guardano Sestio, in silenzio. Sestio a sua volta li guarda con aria interrogativa, finché non capisce: «Oh…»
Albezio: «Ok ma chi lo elimina?»
Ora tutti guardano Albezio.
«Perché io?»
Chiede Albezio.
Sestio: «Sei quello che ha più esperienza di tutti… quanti giornalisti hai fatto sparire? Duecento? Trecento?»
Albezio: «Ma che c’entra? I giornalisti si ammazzano praticamente da soli. Ci sono zanzare che mi hanno dato più filo da torcere… ve lo ricordate Sotericus? Il giorno del suo compleanno gli facemmo recapitare una torta al polonio e lui che fece? La portò in redazione per offrila ai colleghi. Ci risparmiò un mese di lavoro. Ma ammazzare il Pre… – Albezio si accorge di star parlando ad un volume di voce rischioso, quindi abbassa la voce – Ma ammazzare il Presidente della Sarmatia è tutta un’altra storia… la guardia pretoriana praticamente gli rimbocca le coperte…»
«Lo farò io.»
Interviene Sergio.
«Come hai intenzione di farlo?»
Chiede Albezio.
«Ancora non lo so, datemi il tempo di pensarci.»
Mirco assume un tono formale: «Va bene, prima di procedere, onde evitare spiacevoli incomprensioni, sarebbe il caso di stabilire in anticipo la futura composizione del potere.»
Vera taglia corto: «Tranquillo Mirco, sei il più preparato e il più stimato di tutti: il ruolo di presidente spetta a te.»
Gli sguardi puntano su di lei.
«Che c’è?»
Chiede Vera.
«Stiamo aspettando la cattiveria finale.»
Spiega Mirco.
«No… nessuna cattiveria, ho finito.»
«Oh, grazie. Non me lo aspettavo.»
Dice Mirco. Poi si rivolge al Capo di Stato Maggiore: «Sergio, a te va bene? Da tradizione il trono spetta al regicida.»
«Mi va bene; voglio restare a capo dell’esercito.»
Replica Sergio Sosius.
Albezio: «Se voi non avete niente in contrario, visto che senza Pullus ci potremo liberare anche di Vinicio, io prenderei il suo posto nella guardia pretoriana.»
Vera: «Se Albezio lascia i servizi li prendo volentieri io, anzi… voglio anche il segretariato del Consiglio al posto di Nicarco.»
Sestio: «A me non dispiacerebbe tornare al ministero degli esteri.»
L’ultima parola spetta a Silio, il futuro della Sarmatia pende dalle sue labbra: «Io voglio una sola cosa… »
Tutti trattengono il respiro.
«Voglio indietro la mia villa in Costa Smeralda…»
«Che coglioni co’ sta villa Silio!»
Chiosa Vera.

Durante la pausa Valente Pullus è nelle sue stanze private, guarda una partita di calcio insieme a Vinicio Pullus e a due sue consiglieri personali: un uomo d’affari di cui nessuno conosce il nome, e il vescovo di Marcorium.
Il presidente indica lo schermo: «Io quei cross, quando ero un calciatore professionista, non li sbagliavo mai.»

Intanto i consiglieri ribelli ritornano nell’anticamera, osservati con sospetto da Nicarco.
«Dove eravate?»
Chiede Nicarco dopo aver raggiunto Vera.
«A diverterci.»
Risponde il ministro dell’interno.
«Cioè? Cosa avete fatto?»
«Siamo stati lontani da te.»

Il telefono di Sestio Nazarius squilla per la terza volta nel giro di pochi minuti. Questa volta risponde: «Amore…»
«Amore un cazzo… hai visto cosa è uscito su internet?»
È l’amante di Sestio, una ventenne che sa quello che vuole, ma che soprattutto sa come ottenerlo.
«Cosa?»
Chiede Sestio.
«Una lista di 120 persone a cui l’Europa negherà l’ingresso… e ci sono anche io… cosa c’entro io? Che sputtanamento… ma soprattutto dove cazzo le faccio le vacanze quest’estate?»
«Amore ci so no tanti bei posti anche in Sarmatia, ad esempio il lago Fuscus…»
«Sul lago Fuscus ci porti quella cafona di tua moglie, io voglio, anzi, devo andare a Ibiza!»
Sestio viene trafitto da un pensiero: «Scusami… hai detto una lista?»
«Sì… e c’è un articolo…»
«Leggimelo.»
«Allora… “Nuovo pacchetto di sanzioni contro la Sarmatia: colpiti amici e familiari dei vertici di Stato”, questo il titolo, poi “Come già preannunciato dai portavoce dei…”»
«Ok ok, vai alla lista, come è fatta? Cosa c’è scritto?»
«Ci sono i nomi divisi per paragrafi, ogni paragrafo si riferisce a un politico, per esempio io sono nel paragrafo col tuo nome… che figura di merda…»
Sestio chiude gli occhi, respira profondamente: «Sai questo che significa?»
«Oddio… tua moglie…»
«Esatto… maledizione… ma io vorrei sapere… vorrei sapere come hanno fatto a scoprirci: tu hai detto qualcosa in giro?»
«Ma scherzi? Certo che no…»
«E allora come hanno fatto?»
«E lo chiedi a me? Sei tu l’agente segreto. Ma tornando a tua moglie: sa usare i VPN?»
«I cosa?»
«Quello che sto leggendo è un sito inglese… ormai in Sarmatia i siti esteri sono quasi tutti bloccati… per vederli servono dei programmi speciali che si chiamano VPN.»
«No… no, è negata con quella roba… per fortuna…»
«Però ora che ci penso… tua figlia sicuramente lo leggerà.»
Sestio scalcia in preda a uno scatto di ira: «Cazzo!»
Cerca di calmarsi: «Me la devo tenere buona quella stronzetta…»
«Cioè?»
«Devo trovare il modo di farla andare a Londra, altrimenti racconta tutto alla madre.»
«Eh no caro, se lei va a Londra allora io vado a Ibiza: c’è anche lei nella lista…»
Sestio allarga le braccia. Sbuffa e poi sbotta: «Sai che c’è? Vaffanculo!»
«Vaffanculo a chi?»
«A tutti! A te, a mia moglie a mia figlia, a tutti voi parassiti.»
«Ma amore…»
«Amore un cazzo… ora lo dico io. Io sono il capo dell’intelligence della più grande potenza mondiale. In questo drammatico momento un uomo nella mia posizione e col mio potere dovrebbe preoccuparsi di una sola cosa.»
«Di cosa?»
«Vendicarsi.»
Sestio interrompe la comunicazione e mette in tasca il telefono. Si guarda intorno e vede che nell’anticamera circola ancora quell’agente greco. Lo chiama.
«Il rapporto direttore…»
Fa Kyros tendendo il fascicolo a Sestio.
«Dopo dopo, ora ascoltami: voglio testare la tua capacità di analisi. Voglio vedere se sei all’altezza del nostro dipartimento. Facciamo finta che un personaggio di spicco della Sarmatia abbia un’amica…»
«Che genere di amica?»
«Speciale.»
«Un’amante?»
«Eh, facciamo finta che questo personaggio di spicco, che magari ha un ruolo nell’intelligence, abbia un’amante, e questo personaggio ha fatto di tutto per tenere nascosta la relazione, ma proprio di tutto. Poi si scopre che all’estero, nello specifico nella tua Europa, sanno di questa relazione. Secondo te come possono averlo saputo?»
«Siamo sicuri che questo personaggio abbia usato tutte le accortezze?
«Assolutamente sì.»
«I luoghi degli incontri?»
Chiede Kyros.
«Sicuri al 100%.»
Risponde Sestio.
«Quante persone sanno della relazione?»
«Praticamente nessuna.»
«Contatti telefonici?»
«Eh sì, quelli sì.»
«Criptati?»
«Eh no, penso di no… telefonate normali…»
«Allora probabilmente il personaggio è stato intercettato.»
«Ah, e da chi?»
Chiede Sestio.
«Due piste – spiega Kyros. – La prima, la più semplice: i servizi segreti europei. Però…»
«Però?»
«I servizi stranieri non possono accedere direttamente alla rete telefonica sarmata, sarebbe un disastro sotto il profilo della sicurezza nazionale. Tuttavia potrebbero aver installato un malware sul telefono del personaggio, ma immagino che questo personaggio, se fa parte dell’intelligence, abbia preso delle precauzioni, no?»
«Le ha prese?»
«Eh non lo so, lo chiedo a lei…»
«Ah sì sì, poi? Altre ipotesi?»
«La pista interna.»
«Cioè?»
«Un’intercettazione effettuata da un’istituzione sarmata che poi ha passato l’informazione ai nemici.»
«Tipo?»
«Be’… tipo noi… il SIIC…»
«Ok, poi?»
«L’intelligence per la sicurezza interna.»
Sestio cerca con lo sguardo Albezio. Riflette: «Ok, però se l’intercettazione fosse fatta dal SISI, noi come dipartimento per la sicurezza internazionale lo sapremmo, visto che il database dei servizi è comune, giusto?»
«Non so… presumo di sì.»
«Altre ipotesi?»
«Un’intercettazione da parte di una procura.»
«Quindi il ministero della giustizia… no, Curtius è un amico, non lo farebbe mai…»
«Ma non era uno scenario di fantasia?»
Chiede Kyros.
«Ah sì sì… non ti preoccupare, sono ragionamenti miei – taglia corto Sestio. – Vai avanti.»
«Ultima ipotesi: la polizia di Stato.»
Sestio cerca nella sala Vera: «La polizia eh?»

Valente Pullus e il vescovo di Marcorium sono in piedi, uno di fronte all’altro. Il presidente si è messo in testa di mostrare al prelato i colpi base del pugilato: «Vede Eccellenza, l’errore che fanno tutti i principianti è pensare che il colpo sia dia solo col braccio. Invece è tutto il corpo che deve dare la spinta: vede, deve ruotare il busto e spingere con la gamba.»
Valente Pullus simula dei ganci, senza colpire il vescovo, che tuttavia sembra impaurito.

Nel giardino della residenza presidenziale, Sergio Sosius va in contro al capitano dell’esercito che lo ha scortato lì. Intanto è preda di dolori addominali. Prova a massaggiarsi lo stomaco ma è tutto inutile.
«Capitano ho bisogno che raduni al più presto la squadra di incursione Nerone.»
Fa Sergio.
«Senz’altro Generale.»
Risponde il capitano.
«Mi raccomando Capitano: massimo riserbo.»
«Ci conti Generale e… mi permetta di dirle: finalmente!»
«Finalmente cosa?»
«Intendo finalmente il Presidente si è deciso a rendere omaggio ai nostri eroi della campagna di Tracia!»
«La campagna di Tracia? Ma se il più giovane avrà settant’anni! Cosa ha capito? Della Nerone io intendo gli operativi!»
«Ma Generale… gli operativi sono tutti in Dacia…»
«Mh… chi abbiamo a Marcorum che può essere impiegato nel giro di un’ora al massimo?»
«Oltre a noi del ministero… non so… ci sarebbe il gruppo sportivo…»
«Il gruppo sportivo? Ma sanno sparare almeno?»
«Be’ quelli del tiro a segno sì, anche se alle ultime Olimpiadi non è che abbiano fatto un figurone…»
Sergio ha una fitta allo stomaco.
«Facciamo così… mi dia la sua pistola.»
Ordina il ministro della Difesa.
«Ma Generale… l’arma di servizio è strettamente personale, cederla a un altro membro dell’esercito senza autorizzazione formale del comando è un reato.»
Risponde il soldato.
«Ah sì? E chi l’ha detto?»
«Lei. Con decreto ministeriale seguito da circolare interna, il mese scorso.»
«Anche disobbedire agli ordini di un superiore è reato.»
Il capitano risponde prontamente come uno studente che conosce la materia meglio del docente: «Non se gli ordini sono contrari alla legge e al contempo non sussista un immediato pericolo per le sicurezza del suolo nazionale, come da sentenza del 10 gennaio della corte speciale militare da lei presieduta.»
Sergio sbotta: «Sei… sei… un burocrate!»
«Oh, grazie generale.
Risponde il capitano con sincera soddisfazione.
«Io ti mando… ti mando… a lavorare per il gruppo sportivo.»
Gli occhi del capitano si velano di lacrime, si porta una mano sul petto: «Questo è il più bel giorno della mia vita, Generale!»
Sergio Sosius fa un gesto col braccio per mandare al diavolo il Capitano, ma poi ha una fitta allo stomaco lo fa piegare in due: «Almeno vammi a prendere degli antiacidi in farmacia… o ti serve un incarico presidenziale?»
«No no, per carità. Basta la prescrizione medica: ce l’ha?»

Nelle sue stanze Valente Pullus insiste a insegnare la nobile arte della boxe al vescovo di Marcorium: «Vada Eccellenza, come le ho insegnato.»
Il Vescovo da un pugno senza troppa convinzione sugli avambracci chiusi in posizione di difesa del Presidente.
«Più forte Eccellenza.»
Incita il presidente.
Il Vescovo ci riprova, ma è ancora un colpo troppo debole.
«Più forte!»
Questa volta il Vescovo sferra un pugno vero, colpendo la mascella del Presidente che va giù senza poter dire niente.

Nel giardino della residenza, Albezio e Vera stanno fumando. Nicarco si avvicina a loro evidentemente alterato.
«Com’è questa storia che volete farmi le scarpe?»
Chiede Nicarco.
«Chi te l’ha detto?»
Chiede Vera.
Nicarco, senza voltarsi, indica qualcuno alle sue spalle. Albezio e Vera si sporgono per sbirciare oltre la figura di Nicarco: si accorgono di Sestio a pochi metri di distanza, dietro un cespuglio, probabilmente nascosto per godersi la scena.
Sestio a Nicarco: «Ma cazzo Nicarco ti avevo detto di non fare il mio nome!»
«Sestio ma sei una merda! Perché glielo hai detto?»
Fa Vera.
«Perché tu mi hai fatto intercettare.»
Le risponde Sestio.
«Io ti ho fatto intercettare? Ma che cazzo dici?»
«Gli europei hanno messo la mia amante nella lista delle persone sanzionate… nessuno sapeva di lei, chi glielo ha detto, eh? Solo tu mi potevi intercettare.»
Albezio cerca di raccogliere le idee: «Stai calmo Sestio: tutti ti potevano intercettare: io, Vera, Sergio, Vinicio…»
«Anche la guardia pretoriana?»
Chiede Sestio.
«Soprattutto la guardia pretoriana… questa nazione è fondata sullo spionaggio reciproco. Ragioniamo: a questa persona davi del denaro?»
«Sì…»
«Come?»
Chiede Albezio.
«Con dei bonifici.»
«Con dei bonifici? Ma sei scemo? Visto che c’eri potevi anche diramare dei comunicati stampa!»
Albezio respira profondamente cercando di calmarsi: «La banca di questa persona che banca è?»
«La banca… oh… – Sestio capisce l’errore – una banca tedesca!»
Albezio: «Sei un idiota Sestio. Sai perché Pullus ha fatto giustiziare Basilius invece di te che eri il suo superiore?»
Sestio: «Be’… perché lui era quello che aveva i contatti con i servizi della Dacia, era l’unico che poteva avvisarli dell’attentato al loro presidente.»
Albezio: «No Sestio. Il motivo è che il presidente ti ritiene troppo idiota per fare il doppio gioco.»
Vera: «È vero: sei un idiota.»
Nicarco: «Confermo.»
Sestio: «Basta! Ho capito.»
Passa davanti a loro il Vescovo di Marcorum, imbavagliato e scortato da due pretoriani armati.
Albezio: «Ma quello non è il Vescovo di Marcorum?»

Sergio incrocia i pretoriani che portano via il vescovo di Marcorum.
«Dove lo state portando?»
Chiede Sergio Sosius.
«Stiamo solo eseguendo gli ordini.»
Risponde il pretoriano più alto in grado.
«Gli ordini di chi?»
«Del prefetto Zolius.»
«Voi eseguite gli ordini del vostro capo senza battere ciglio, vero?»
«Certamente.»
«Siete un corpo fantastico.»

Albezio continua a rimproverare Sestio: «Complimenti Sestio, hai messo la firma sul più fallimentare colpo di Stato della Storia sarmata.»
Nicarco: «Cosa?»
Sestio Nazarius scuote la testa sconsolato, con una mano sul volto:
«Questo non glielo avevo detto…»
Albezio: «Ah…»
Nicarco: «Volete fare fuori lui?»
«Ma figurati…»
Dice Vera.
«Ma no, che hai capito?»
Aggiunge Albezio.
«Perché io ci sto – dice Nicarco lasciando gli altri senza parole. – Ma la presidenza la voglio io.»
Sestio, Vera e Albezio si guardano
Nicarco insiste: «Pensateci: di me si fida. Non sospetterebbe mai di me…»
Arriva Sergio Sosius, si rivolge a Vera e Albezio: «Vi devo parlare… in privato.»
Albezio: «Parla pure… Nicarco sa tutto.»
Sergio guarda disorientato Nicarco. Poi: «Ci ho ripensato: voglio la Guardia Pretoriana.»

Sestio Nazarius e Vera Mallus sono nel bagno della congiura; stanno cercando di convincere Mirco Minius a rinunciare alla presidenza in favore di Nicarco.
Mirco è irremovibile: «Non se ne parla nemmeno. E poi riflettete: facciamo tutto questo per allentare l’isolamento internazionale e poi come presidente mettiamo il maggiordomo di Pullus? A che serve? Gli altri Paesi penseranno che non è cambiato niente.»
Sestio Nazarius guarda Vera Mallus: «Effettivamente…»

Un attimo dopo Sestio e Vera sono nuovamente nel giardino, questa volta cercano di far desistire Nicarco, ma anche lui è fermo sulle sue posizioni: «Assolutamente no. Serve un uomo come me che garantisca la continuità di fronte ai nostri attuali alleati, che in un moderato come Minius potrebbero vedere una pedina degli occidentali.»
Vera a Sestio: «Anche questo è vero…»

Albezio e Sergio Sosius sono in un altro angolo del giardino.
Albezio: «Ma ti prego Sergio; l’esercito non può perdere un ufficiale della tua esperienza e del tuo valore.»
Sergio: «Ma figurati, sono i servizi che non possono fare a meno della tua leadership.»
«Sergio, la guardia si muove in una zona grigia che ha più a che vedere col mio mondo che col tuo…»
«Tu vieni a parlare a me di zone grigie? Quando io ho ammazzato il primo uomo tu ti facevi ancora le seghe coi film di James Bond.»
«E tu pretendi di comandare 200 mila uomini e non sei capace nemmeno di controllare tua figlia…»
«Mia figlia non la devi nemmeno nominare! Prenditela con me se sei un uomo!»
«E infatti proprio con te me la sto prendendo!»
«Va bene cervellone! Prendila tu la Guardia, vediamo quanto duri.»
Dice Sergio Sosius.
«No prendila tu, grande condottiero!»
Ribatte Albezio Bonus.
«No, prendila tu.»
«No, prendila tu.»
I due si guardano in cagnesco. Passano i secondi.
«Va bene, allora la posso prendere io?»
Chiede Sergio.
«No! Certo che no!»
Esclama Albezio.

Il presidente è ancora chiuso nelle sue stanze. Seduto sul divano ascolta le parole del misterioso consigliere: «Gaius me lo ha assicurato: non c’è motivo per cui non debba funzionare. Dopo che la sussidiaria si sarà costituita come società indipendente, i funzionari chiederanno asilo politico in Europa, questo gli permetterà di operare al di fuori delle sanzioni.»
«E se si viene a sapere?»
Chiede Valente Pullus.
«Lei denuncerà pubblicamente che alcuni uomini d’affari senza scrupoli hanno tradito la Patria, ma al contempo dirà che le risorse minerarie della Sarmatia sono talmente ingenti che il danno è irrisorio.»
Valente Pullus, soddisfatto, dà una pacca al suo consigliere. Poi si accorge che la partita di calcio è ricominciata.
«Oh, è cominciato il secondo tempo… sono ancora zero a zero, vuoi scommettere?»
«Io non scommetto mai Presidente… se non ho il controllo della partita.»
Risponde l’uomo.
Gli altoparlanti del televisore riprendono a riprodurre la telecronaca: «Alla ripresa le due squadre sembrano ancora studiarsi…»

Su una terrazza della residenza, i sette aspiranti golpisti cercano di trovare una soluzione.
Sestio parla a tutti: «Allora, chi vuole votare per Mirco scriva una M, chi vuole Nicarco Presidente scriva una N.»
Silio: «E se uno si vuole astenere?»
Sestio: «Niente, non vota.»
Silio: «Ma così gli altri lo sanno, invece questo deve essere un voto segreto.»
Sestio: «Allora lasciasse in bianco…»
Silio: «È la stessa cosa, gli altri vedono che uno non segna niente sul biglietto…»
Sestio: «Ma tanto ormai abbiamo capito che sei tu quello che si vuole astenere… va be’ facciamo così: chi si vuole astenere metta una X.»
I consiglieri ribelli esprimono la propria preferenza su dei bigliettini, raccolti nel cappello da generale di Sergio.
Sestio apre il primo biglietto: «Un voto per Mirco.»
Sestio passa il biglietto a Vera Mallus per controllarlo.
«A me sembra una N…»
Dice Vera.
Albezio sbircia: «Invece a me sembra una M.»
Sestio: «Va bene: voto contestato, mettiamolo da parte, magari è ininfluente, andiamo avanti…»
Sestio prende un altro bigliettino: «Un voto per Nicarco.»
Vera Mallus controlla: «No, quella è una M.»
«Va be’ ho capito…»
Sestio Nazarius prende il cappello di Sergio Sosius e lo rotea per gettarsi alle spalle i bigliettini.
«Rifacciamo: M per Minius e P per Pastor…»
Brusio di disapprovazione.
Sergio: «Che palle ‘sta democrazia però… su questo Pullus ha ragione.»

La seconda tornata fila senza intoppi.
Sestio annuncia l’esito: «Allora: 3 voti per Mirco, 3 voti per Nicarco e un astenuto. Niente di fatto.»
«Cosa facciamo?»
Chiede Vera.
«Chiediamo di votare anche agli altri ministri e ai segretari di partito?»
Propone Sestio.
«Sei pazzo? Questa cosa deve rimanere tra di noi, altrimenti prima che ce ne accorgiamo facciamo la fine di Basilius.»
Dice Albezio.
Mirco: «Nominiamo un candidato provvisorio, un garante, in attesa di chiarire chi lo farà davvero… e andiamo avanti col piano…»
Nicarco: «Sì ma chi?»
Mirco:«L’unico che si è dimostrato neutrale…»
Gli sguardi puntano su Silio, che incredulo si indica il petto: «Io?»

Nel frattempo la prestazione sul rettangolo verde non raccoglie i favori del presidente: «Guarda lì… perché non gli ha passato la palla? Se volessero potrebbero chiudere la partita in trenta secondi, ma non hanno spirito di squadra…»

Nel bagno degli inservienti Sergio Sosius è a colloquio con Mirco Minius: «Mirco te lo giuro: ho votato per te, lo sai che sono sempre stato dalla tua parte… a votare Nicarco sono stati Vera…»
«Vera? Ma se Vera e Nicarco non si possono vedere…»
Controbatte Mirco.
«Sì ma se Nicarco diventa presidente lascia il segretariato del Consiglio di Sicurezza, che invece vuole Vera insieme ai servizi interni… vuole essere la prima a unire la carica di capo dei servizi segreti interni e quella di segretario del Consiglio…»
Mirco annuisce pensieroso: «… che da Costituzione non sono incompatibili anche se rappresentano un pericoloso accentramento di potere: Vera potrebbe tenere all’oscuro gli altri di un possibile colpo di Stato, e se gli altri lo venissero a sapere lei impedirebbe la seduta del Consiglio per evitare le contromisure…»
Sergio guarda interdetto Mirco: non aveva pensato a quest’implicazione, ma fa comunque finta di esserci arrivato anche lui: «Sì sì… proprio così… è quello che ho pensato pure io… Vera vuole Nicarco Presidente per farlo fuori subito dopo…»
Mirco: «Ricapitoliamo: i voti per Nicarco sono quello di Nicarco stesso, quello di Vera e poi?»
«Di Albezio… anche lui non sopporta Nicarco, ma vuole diventare prefetto della Guardia, che è il giubbotto antiproiettile del Presidente, questo perché è d’accordo con Vera per far fuori il prossimo Presidente… quindi Mirco, se diventerai… scusami… quando diventerai Presidente, nomina me Prefetto e non ti dovrai preoccupare di niente…»
Mirco Minius guarda Sergio Sosius con aria sospettosa. Sergio cerca di dissimulare sicurezza, ma il suo finto sorriso è patetico.

Vera e Sestio sono tornati nell’anticamera. Vera tira fuori dalla sua borsa una fiaschetta. Tracanna una sorsata e poi la porge a Sestio: «Vuoi?»
«Mi stai chiedendo se voglio bere nel momento più delicato della mia carriera? Cazzo… certo che lo voglio!»
Sestio afferra la fiaschetta: «Cos’è? Whiskey?»
«Magari… a Marcorum non se ne trova più neanche un goccio: è grappa di mulsum… il liquore degli eroi…»
Alle parole “grappa di mulsum” sul viso di Sestio si disegna una smorfia di disgusto.
Si fa coraggio e dà una sorsata.
Quando finalmente riprende fiato, dice: «Ci credo che lo chiamano il liquore degli eroi… ci vuole un fottio di coraggio per berlo… se la metà dei sarmati avesse assaggiato i liquori esteri ci saremmo già arresi da un pezzo al primo popolo straniero di passaggio.»
Sestio fa un respiro profondo e poi manda giù un’altra sorsata.
Vera dà di gomito a Sestio, e gli indica con un gesto del capo Silio, che guarda immobile l’oscurità oltre una finestra.

Sergio continua la sua personale campagna, e si ritrova in giardino a parlare con l’altro aspirante presidente: «Nicarco dimmi sinceramente: io e te abbiamo mai avuto screzi? Fidati: ho votato per te. Sono l’uomo giusto per la guardia pretoriana… a chi vuoi darla altrimenti? Ad Albezio? Ti fidi più di una spia o di un soldato?»
Nicarco guarda serio Sergio.
«Sergio…»
«Sì?»
«Dimmi la verità: è messo così male l’esercito?»
«No ma che dici? Abbiamo il più solido e for…»
Sergio Sosius non riesce a finire la frase che una fitta allo stomaco lo fa piegare dal dolore.

A Villa Petri il soldato Orazio, senza più la sua uniforme, si appresta a tornare a casa in automobile. Prima che il motore parta, Druso bussa al finestrino.
Orazio: «Cosa c’è ancora?»
Druso: «Dove stai andando?»
«Mi affaccio un attimo al circolo polare artico per controllare lo scioglimento della calotta… dove vuoi che vada? A casa.»
«Il generale ci ha convocato per una missione speciale.»
«Una missione speciale? A quest’ora? Che palle… ma perché non ho fatto il ladro a tempo pieno come tutte le persone rispettabili di questo Paese?»

Sestio Nazarius e Vera Mallus si avvicinano a Silio Lavinius, perso nel nulla oltre la finestra sul giardino.
Sestio: «Silio tutto bene?»
Silio non distoglie lo sguardo: «Sestio tu hai fatto studi tecnici, vero?»
«Sì, perché?»
«Secondo te quanto tempo ci vuole per deviare il fiume Aurelio e allagare il giardino, in modo da farlo sembrare un mare?»
Nell’esporre il suo piano Silio muove il braccio a ventaglio come a mostrare il futuro e ipotetico panorama.
Sestio e Vera si guardano preoccupati.
Vera: «Silio non starai mica prendendo sul serio quella cosa del presidente, vero? È una cosa simbolica, finché non troviamo una soluzione condivisa…»
Sestio: «Tu non puoi fare il presidente Silio… sei stato il megafono di Pullus nel Mondo…»
Vera: «Hai negato la guerra in Dacia mentre stavamo bombardano la capitale, hai negato gli attacchi ai civili, hai addirittura sostenuto senza ridere… e come hai fatto non lo so… che ad abbattere quella scuola piena di bambini siano stati gli stessi daci… Silio, in questo momento tu sei la seconda persona più odiata al mondo…»
Silio declama: «”Spesso commette ingiustizia non solo colui che fa qualcosa, ma anche colui che non la fa.”»
Vera, leggermente irritata, continua: «C’è un ragazzino americano che è diventato milionario in una settimana vendendo della carta igienica con la tua foto sopra.»
Silio, con tono pomposo: «”L’arte di vivere assomiglia più alla lotta che alla danza”.»
Vera, decisamente irritata: «Se facessimo un crowdfunding per torturarti potremmo asfaltare con le strade di Marcorum di oro.»
Silio: «”È preciso dovere dell’uomo quello di amare persino chi gli fa torto.”»
Vera perde la pazienza e gli urla contro: «Ma mi stai ascoltando? Ma che cazzo significano queste frasi?»
Silio: «Non sono semplici frasi, sono gli insegnamenti del padre del popolo di Sarmatia: Marco Aurelio.»
Sestio: «Oddio… Silio, pure tu con queste cazzate romane come Nicarco… Marco Aurelio non è mai venuto qui, lui se ne stava a Roma a fare il filosofo. A farsi il culo in giro per l’Impero era il fratello, ma manco lui è mai venuto qua… ci avrà mandato un console, un tribuno o un che cazzo ne so… comunque uno che non contava un cazzo, perché per lui questo eravamo: una terra che non contava un cazzo. E tutte quelle storie che Marco Aurelio è venuto qua e ha sposato 7 donne, da ognuna ha avuto 7 figli, e ognuno dei suoi 49 figli ha avuto a sua volta 7 figli e così via fino ai giorni nostri, sono tutte cazzate che si raccontano a scuola per insegnare la tabellina del 7. Silio, è tutta propaganda nazionalistica.»
Silio distoglie per la prima volta lo sguardo dalla finestra. Si volta verso Sestio e il suo volto è serio e teso, la pacatezza che finora ha mantenuto è scomparsa nel nulla: «Lo so bene… lo so meglio di te! Ma ha sempre funzionato e sempre funzionerà. Su una cosa però avete ragione: per il mondo sono la voce di Pullus. Ho passato venti anni a farmi odiare al posto suo, a magiare merda, a farmi sputare addosso, e tutto questo per cosa? Per una casa in Sardegna in cui sono andato sì e no quattro volte? No, ora l’ho capito per cosa ho resistito tanto: per questo momento… per il mio momento.»

Sul suo divano Valente Pullus segue annoiato la partita.
Vinicio Zolius si avvicina al suo orecchio: «Presidente, sarebbe il caso di riprendere la riunione…»
«Aspetta un attimo: appena segnano spengo.»
Intanto il telecronista: «La palla va oltre la linea di fondo. Possiamo affermare che questo secondo tempo ha visto una sola squadra in campo: la confusione.»

Sestio Nazarius e Vera Mallus raggiungono divertiti Albezio Bonus e Mirco Minius in giardino.
Sestio: «Non potete capire…»
Vera: «Se lui – indicando il palazzo e alludendo a Pullus – ci ha messo dieci anni per impazzire, a Silio sono bastati dieci minuti…»
Sestio e Vera si accorgono che le facce di Albezio e Mirco sono torve, in particolare quella di Albezio, che si congeda con qualcuno al telefono.
Sestio: «Che è successo?»
Albezio: «Era uno dei miei… pare che il generale Trogus…»
Sestio: «Chi?»
«Sesta armata, di stanza permanente a Villa Petri.»
La voce, sofferente, è quella di Sergio Sosius, che si era appartato dietro un cespuglio per vomitare.
Albezio: «Il generale Trogus finora aveva scampato le sanzioni, ora lui e i suoi familiari sono nelle liste e lui è andato fuori di testa, sta per mettersi in marcia per Marcorum con i suoi.»
Sestio: «E quindi?»
Vera si volta verso Sestio: «Non ci arrivi? Stanno venendo a fare quello che vogliamo fare noi…»
Sestio: «Ah… be’, buono no? Ci risparmiano la fatica.»
Albezio: «La fatica di cosa? Di fare testamento?»
Vera cerca di spiegare a Sestio: «Quello che intende Albezio è che se il colpo di St… – abbassa la voce – se il colpo di Stato lo fanno loro, a noi non è che ci vengono a chiedere l’autografo, dato che insieme a Pullus siamo i vertici di quello Stato che vogliono rovesciare… »
Albezio: «Nella migliore delle ipotesi l’unico ufficio pubblico in cui potremmo ancora entrare sarà quello di collocamento… ed è la migliore delle ipotesi perché è lo scenario in cui siamo ancora vivi…»
Mirco Minius prende la parola: «A meno che… a meno che non contattiamo Trogus e gli facciamo sapere che il governo lo appoggia.»
Albezio: «Ma in quel caso, se il loro tentativo fallisce e spunta il nostro nome, noi siamo comunque fottuti.»
Sestio: «Allora facciamolo prima noi…»
Albezio: «Eh, è arrivato Macchiavelli. Sestio ti sfugge un particolare: finora ci siamo accapigliati per la spartizione del potere e non abbiamo fatto una sola cosa per… – parla lentamente per trovare le parole giuste – … per avvicinarci all’obiettivo primario.»
Albezio intuisce che Sestio non ha capito, allora fa il gesto della pistola alla tempia.
Sestio: «Ah… ma non doveva pensarci Sergio?»
Albezio indica Sergio Sosius tra i cespugli: «Ti pare uno in grado di fare una cosa del genere?»
Sergio ha un nuovo conato e un fiotto di vomito viene espulso dalla sua bocca.
Mirco prende in mano la situazione: «Calma… abbiamo la notte dalla nostra parte… ammesso che Trogus parta in questo momento non arriverà prima di domattina a Marcorum. Non sappiamo quanti uomini e quali mezzi abbia…»
Mirco si rivolge a Sergio dietro ai cespugli: «Sergio tu cerca di capire quanti ufficiali stanno con Trogus.»
Sergio: «E come faccio?»
Mirco: «Non lo so… contattali: se non ti rispondono vuol dire che stanno con lui.»
Sergio: «E se non mi rispondono per altri motivi?»
Sergio mette a dura prova il proverbiale aplomb di Mirco: «Santiddio Sergio… sei il Capo di Stato Maggiore e il ministro della Difesa di un Paese in guerra… voglio sperare che i tuoi uomini ti rispondano anche fuori dall’orario di ufficio… e che cazzo!»
Mirco si ricompone e si rivolge ad Albezio: «Tu prepara un’informativa per il Consiglio di Sicurezza, ma prima di presentarla aspettiamo di capire quanto è grossa la faccenda.»
Poi Mirco si rivolge a Vera: «Tu preallerta i corpi speciali della polizia; se son quattro gatti facciamo intervenire loro invece della guardia pretoriana, così il merito ricade sul governo.»
Infine Mirco guarda Sestio: «Tu… tu… non fare niente che è meglio…»
Poi a tutti: «Nicarco teniamolo fuori per ora, è imprevedibile… anzi, se vi chiede qualcosa ditegli che ho ritirato la mia candidatura a presidente, ora dobbiamo pensare solo a gestire questa situazione, poi si vedrà, siamo tutti d’accordo? Chi parla con Silio?»
Vera: «In questo momento giusto uno psichiatra ci può parlare…»

Silio Lavinius si sposta nell’anticamera muovendo le mani a disegnare idealmente archi, colonne e altri cambiamenti architettonici.
Si mette davanti alla parete che ospita la porta della sala riunioni. Silio guarda insistentemente il muro. I pretoriani che presidiano la porta si guardano con aria interrogativa.
Kyros Rizos, con il solito rapporto in mano, si avvicina a Silio.
«Scusi… scusi ministro, scusi se la disturbo… sa dove si trova il direttore Nazarius? Gli devo consegnare questo rapporto…»
Silio squadra Kyros: «Straniero? Europeo?»
Kyros annuisce un po’ a disagio.
Silio: «Perfetto, dimmi caro: meglio rivestire il muro di marmo di Carrara e mettere una porta di ebano, oppure usare il marmo nero tunisino con una porta laccata di bianco?»

Nel giardino si mettono a punto gli ultimi dettagli operativi.
Albezio: «Con Pullus come ci comportiamo?»
Mirco: «Tiriamo la riunione per le lunghe, e che Dio ce la mandi buona…»
Sestio: «No Mirco, speriamo che Dio non esista, perché con tutto quello che abbiamo fatto e permesso in questi anni, di sicuro non tifa per noi…»

Pullus guarda il finale della partita.
«E arriva il triplice fischio. Zero a zero nei tempi regolamentari, si andrà ai supplementari…»
Pullus, pensieroso, spegne il televisore col telecomando. Vinicio lo scorta verso la sala riunioni.

I consiglieri sono riuniti nell’anticamera.
Nicarco si avvicina ad Albezio: «Cosa avete fatto? Avete cospirato contro di me, vero?»
Albezio: «Tranquillo Nicarco, la presidenza è tua se la vuoi, prenditela.»

Kyros Rizos raggiunge Sestio Nazarius. Gli porge il rapporto.
Kyros: «Io rimango qui, se le dovesse servire qualcosa.»
Sestio: «Sì, fa come vuoi.»

Le porte della sala riunioni si aprono.
Vinicio Zolius fa segno a tutti di entrare.
I consiglieri varcano la porta.
Le porte si chiudono e nell’anticamera cala il silenzio.
Kyros rimane a guardare le porte chiuse come prima dell’inizio della riunione, ma questa volta una scintilla di speranza alberga nel suo animo.

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