Quello non ero io – prima puntata


Split Milk, by Slinkachu

La testa di Samuel è sull’asfalto. Un occhio è chiuso, compresso dall’ematoma. Il naso è parzialmente sommerso in una pozza di sangue.
– Tutto bene?
L’occhio sano tenta di inquadrarmi. Capisco di aver fatto una domanda del cazzo.
Lo aiuto a rimettersi in piedi. Lui si divincola, poi si accorge che inevitabilmente la gravità porta le sue ossa a scuotersi dolorosamente sull’asfalto. Accetta a malincuore il mio sostegno.

Mi chiamo Spartaco Scimè. Samuel Russo è il mio socio. Lavoriamo nella pubblicità, ma non siamo grafici, creativi o chissà cos’altro. Noi lavoriamo sul campo, in prima linea.
C’è una bella storiella che raccontano all’inizio dei corsi universitari in economia: su un’isola ci sono due uomini, per sopravvivere vanno a pesca, uno con la lenza è un vero talento, l’altro invece è un fenomeno nel trovare e riconoscere funghi, tuberi e bacche. Un giorno il pescatore viene illuminato da un’idea: – In una mattinata io prendo almeno tre pesci, tu nessuno. Nel pomeriggio tu riempi il cesto di funghi, io è tanto se non vengo morso dalle vipere. Se io pescassi tutto il giorno e tu ti dedicassi solo al bosco, insomma se ci specializzassimo, a fine giornata avremmo tre pesci e un cesto di funghi a testa, avremmo cioè raddoppiato il nostro profitto.
Bella storia. Morale della favola è che in un accordo economico ci guadagnano sempre tutti. Peccato che questa sia economia ideale. In un’isola vera il pescatore avrebbe dato fuoco al bosco e il raccoglitore di funghi avrebbe avvelenato le esche, tutto ciò per far aumentare il valore relativo della propria merce. Questa è l’economia reale.
Il nostro lavoro consiste in questo: mettiamo che una tavola calda ci chiami perché il nuovo ristorante cinese in fondo alla strada gli ruba i clienti, noi quella sera ordiniamo ravioli al vapore, alghe fritte, spaghetti alla piastra, pollo con bambù, e appena finito il gelato fritto uno di noi simula un’intossicazione con tanto di collasso sul tavolo dei fidanzatini, fra la salsa agrodolce e le nuvolette di riso. Insomma noi siamo quelli che bruciano il bosco e avvelenano le esche.
Lo so, non è etico. Come si dice: è uno sporco lavoro ma qualcuno lo deve pur fare.
Se almeno una volta nella vita vi siete trovati d’accordo con chi dice “non è vero che non c’è lavoro, basta accontentarsi”, se almeno una volta avete dato ragione a chi sostiene che impegnandosi, dandosi da fare si può sbarcare il lunario, beh allora non potete biasimarci. Noi siamo semplici ingranaggi dell’economia reale.

Continua…

 
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