Le fiale – Il Picco (una commedia brutta e inopportuna)

“15 MARZO 2021: IN ATTESA DI VERIFICHE DA PARTE DELL’AGENZIA EMA SU ALCUNE MORTI SOSPETTE, L’ITALIA SOSPENDE LE VACCINAZIONI CON IL FARMACO PRODOTTO DA ASTRAZENECA”

La fiala

Marco guida verso casa di suo cognato; per strada non c’è nessuno a causa della “zona rossa”, così può spingere la sua vecchia Fiesta a tavoletta, e senza accorgersene ondeggia avanti e indietro sul sedile, come a spingere fisicamente quella carretta, il cui contachilometri è ormai fermo da anni per sfinimento e disperazione. Marco è un trentenne romano dalla corporatura minuta e per questo è chiamato da tutti Marchino, e la cosa gli dà terribilmente fastidio; non tanto perché quel nomignolo gli ricorderebbe la sua non prorompente fisicità, ma perché nessuno si è sforzato di trovargli un soprannome ironico, in una città che dell’ironia e del sarcasmo ha fatto una sua seconda lingua. Prendi suo cognato ad esempio, il marito di sua sorella Cinzia, si chiama Alessio, ma tutti lo chiamano l’Abate, e non perché sia un fervente sostenitore dei precetti cristiani, al contrario è conosciuto come uno dei più pericolosi figli di puttana dell’Alessandrino. Ufficialmente l’Abate gestirebbe una pompa di benzina, ma la sua vera occupazione sono gli impicci, che nella capitale sono una precisa categoria del terziario: commercio, trasporti, servizi e appunto impicci. Nello specifico si occupa di ricettazione, ma anche truffe e strozzinaggio, e non disdegna talvolta rompere le ossa a qualcuno dietro compenso. Insomma, un uomo timorato di Dio.

Marco parcheggia, l’alito gelido della sera si insinua sotto la sua tuta troppo leggera; trema, o forse non è il freddo a farlo tremare, ma il motivo per cui si trova lì. Gli apre la porta Cinzia, Marco riconosce sul volto della sorella i segni delle benedizioni dell’Abate.

  • Che cazzo voi? – Esordisce il cognato – Daje sbrigati che tra un po’ comincia ‘a partita.
  • Che partita?
  • Der Milan.
  • Del Milan? Ma che non sei più della Lazio?
  • Nun lo dì manco pe’ scherzo.
  • E allora?
  • E allora domenica giocano contro di noi; devo studià l’avversario, che non lo sai che con una buona preparazione tattica si può battere chiunque? Lo diceva pure coso… là… come se chiama? Va be’ Marchì: che cazzo voi?

Marco si siede su una poltrona, l’Abate rimane in piedi, ancora speranzoso di poter liquidare la visita in pochi secondi.

  • Ale’… me devi aiutà…
  • Eccallà, che cazzo hai fatto ‘sta vorta?

L’ Abate si lascia cadere sul divano.

  • Ale’… avevo un contatto, un medico…
  • Marchì daje su, nun me fa perde ‘a pazienza… porcoddena… strigni!
  • Insomma Alè, hai visto alla televisione der vaccino no? Quello che hanno sospeso.
  • E mbè?
  • Marchì, in macchina c’ho na borsa frigo co’ duecento fiale de Astrazeneca…
  • Ducent… e che cazzo ce devi fa?
  • Te stavo a ddì: c’avevo sto contatto, un medico privato, uno dei Parioli, m’aveva chiesto se je procuravo un po’ de vaccini per certi pazienti sua che non volevano aspettà. Insomma, me acchiappo ste fiale e sto stronzo non se tira indietro? Dice che è troppo rischioso, che non ne vole sapè più niente.

La fronte dell’Abate si corruga, l’uomo si avvicina a Marco, la sua voce si abbassa di un’ottava:

  • E te come cazzo hai fatto a fotterti tutte ‘ste fiale? Com’è che non s’è saputo niente?
  • Hai visto che quanno hanno deciso de sospenne sto cazzo de vaccino è successo un casino no? Io stavo a Fiumicino, in dove fanno i vaccini, ero annato a studià la situazione. Una roba enorme Ale’, un sacco de tende… è vero; ce stavano pure un sacco de guardie, ma più che altro stavano a spiegà alla gente che se ne doveva annà, e pure i medici e l’inferimieri, quelli che non se n’erano già annati, insomma, me so aquattato dentro le tende finché non ho trovato i frigoriferi co ‘e fiale. Quelli finché non sbloccano sta situazione non riaprono, e se non riaprono non s’accorgono de niente.
  • Mh… e mo che cazzo ce fai?
  • Eh… pe’ quello so venuto… pe dalle a te.
  • A me? E che cazzo ce devo fa? Che m’hai preso pe’ ‘n ospedale? – L’Abate è scattato in piedi col petto gonfio, i pugni stretti.
  • Ascolta, calmati. Stamme a sentì: te ce bazzichi ancora co’ quello che c’ha gli stranieri che li manna a ffa le pulizie no?
  • Er Zella, e mbe’?
  • E seconno te, tutti quii stranieri, che vanno alla Asl? Non c’hanno i documenti, so’ tutti irregolari Ale’; je lo venni a loro, e vedi che poi loro te presentano altri irregolari che se lo vonno fa… c’avrai la fila… fidete.

L’Abate si risiede lentamente, pensoso.

  • Ma se l’hanno sospeso… dice che fa morì, non se lo comprano, so stranieri, mica so stronzi.
  • Ma nun te preoccupà, quanno è giovedì lo sbloccheno, lo stanno a ddì tutti, tra una settimana sta cosa non se la ricorda più nessuno… non te fidi? Chiedi a chi voi…

L’Abate rimane a guardare il cognato di sguincio. Poi, senza distogliere lo sguardo, chiama la moglie, che appare dalla cucina.

  • Che volete?
  • Te hai visto telegiornali? – Chiede il Abate.
  • Sì, perché? – Risponde Cinzia asciugandosi le mani con un canovaccio.
  • Che dicono de sta cosa der vaccino che hanno ritirato?
  • Mah… dice che con quelli che so’ morti il vaccino non c’entra niente. Dice che se fai tanti vaccini è normale che te capita quello che more all’improvviso, e na roba… come se dice… de statistica! Ma perché sta domanda? Che ve sta a frullà pe’ ‘a testa? Anzi nun vojo sapè niente… fammene annà…

L’Abate, impassibile, continua a guardare il cognato.

  • E famo, pe ipotesi, che me prendo sta merda; te quanto voi?
  • Ale’: so’ 200 fiale, ogni fiala so’ 10 dosi, che non lo fai pagà 10 euro un vaccino? Sò 20 mila euri.
  • Sì va be’, quanto li faccio pagà so cazzi mia: te quanto voi?
  • Ma steccamo no? Dieci sleppe te e dieci io.

L’Abate scoppia in una risata cavernosa.

  • Famo che te dò 2 mila euri e nun te meno, va be’?
  • Almeno dammeli subito però Ale’…

Alessio detto l’Abate annuisce lentamente: l’affare è concluso.

 

Il portabagagli si apre cigolando. Una borsa frigo rigida occupa un terzo dello spazio. Alessio la apre mostrando una serie di fiale ben impilate. 

  • Che c’è Alè? Cosa non te sta a convince? – Dice Marco cogliendo la titubanza del cognato.
  • Ma tu sei sicuro che non fanno male?
  • Ma tranquillo… me lo so fatto pure io.
  • Te lo sei fatto? Perché? Lo sai fa?
  • E che ce vo? Me so fottuto pure un po’ de siringhe… te lo faccio pure a te Alè?
  • Sei sicuro Marchì? Io c’ho pure un po’ de diabete…
  • E proprio che c’hai il diabete te lo devi da fà subito… daje, vai su a casa, prendo tutto e te raggiungo.

 

Marco percorre la Palmiro Togliatti con la sua Fiesta. Non ha l’autocertificazione e ha duemila euro in contanti in tasca. Se lo ferma la polizia ci sarà da ridere, ed è proprio quello che farà: ridere, perché si sente euforico.

Il suo telefono lo avvisa della ricezione di un messaggio: è un vocale di suo cognato, dice che si sta sentendo male, gli chiede se è normale.

  • Ciao Alessio, sì è normale, tranquillo, tra un po’ passa. Concentrati sulla partita.

Marco imbocca la Tuscolana, sorpassa il raccordo. Si sta lasciando alle spalle i centri commerciali quando il suo telefono squilla ancora, questa volta è una chiamata. La voce di Alessio è irriconoscibile, rallentata, intorpidita.

  • Che cazzo mi hai dato? Sto a morì…
  • Ah stai morì Ale’? Be’ allora hanno fatto proprio bene a ritirarlo sto vaccino… ciao Frate’, se vedemo sotto terra… un giorno.

Marco ferma l’auto davanti a dei cassonetti. Tira fuori da sotto il sedile una siringa e due fiale, ma sono diverse da quelle che aveva nella borsa frigo. Butta tutto in un cassonetto dell’indifferenziato, stracolmo e maleodorante,

Il telefono squilla ancora: questa volta è un messaggio di Cinzia.

  • Mi pare che se n’è andato. Mo che ci faccio con tutta questa soluzione fisiologica?
  • Versala al cesso e i cocci buttali alla campana del vetro. Me raccomando: l’ambulanza chiamala domani mattina. Mo cancella tutti questi messaggi e cerca di dormire.
  • Va bene. Grazie. Ti voglio bene.

Quelle puntate de “Un giorno in pretura” le ha viste cento volte, quelle del tizio che ha ucciso più di dieci persone con l’insulina. Un metodo pulito, perfetto se la vittima già assume ipoglicemizzanti, così da giustificare i valori sballati in caso di esami.

Su una cosa quella bestia disumana del cognato aveva ragione: con una buona preparazione tattica si può battere chiunque.

Marco inspira profondamente. L’aria si è fatta ancora più fredda, ma lui non trema più.

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