Animali in gabbia – Il Picco (una commedia brutta e inopportuna)

“11 Marzo 2020: il Governo impone ulteriori limitazioni per prevenire la diffusione del virus: chiudono definitivamente bar e negozi ”

Letto e interpretato da Giorgio Consoli

Animali in gabbia

Un cilindro bianco con gli spigoli smussati si illumina di una luce aliena, è un assistente virtuale, e come ogni mattina suona la sveglia per Lui e Lei. Una coppia benestante, istruita e professionalmente realizzata. Ma questa non è una mattina come le altre, questo è il primo giorno in cui Lui e Lei sono tenuti a rimanere tutto il giorno in casa. Smartworking e Lockdown sono le parole d’ordine.

I due fanno colazione in cucina, senza fretta, come in vacanza.

Lui si accorge che il rubinetto della cucina gocciola, allora recupera gli attrezzi e ripara la perdita. Lei rimane stupita.

«Non credevo fossi capace in questi lavori».

Lui fa finta di prendersela un po’, ma in realtà è contento che la moglie gli riconosca delle abilità manuali.

Dopo colazione Lei si occupa un po’ delle sue amate piante in balcone. Mentre cerca un angolo più assolato per la lavanda, incrocia lo sguardo di Lui, ed è uno sguardo nuovo, o forse Lei non lo ricordava più. Uno sguardo penetrante, vivo, bramoso.

Prima sessione di lavoro, poi interrotta per il pranzo, un pranzo preparato da Lui, che erano anni che non si metteva ai fornelli, un pranzo accompagnato da una bottiglia di vino rosso, una delle bottiglie buone.

Evidentemente il vino si fa un po’ sentire; Lui parla al telefono con un collega, e questo gli chiede se va tutto bene, perché sente la sua voce un po’ “strana”.

Quando Lui preme l’icona rossa per mettere termine alla telefonata, avverte un peso caldo adagiarsi sulle sue gambe; Lei si è seduta su di lui a cavalcioni, e prima che Lui possa chiederle cosa stia succedendo, Lei lo bacia.

I due fanno sesso e rimangono a letto per ore. Non si vestono nemmeno per cenare, mangiano frugalmente aprendo un’altra bottiglia di vino. Fanno ancora l’amore.

L’altoparlante intelligente sancisce l’inizio della seconda giornata di reclusione domestica.

Lui e Lei si organizzano per fare la spesa. Lei vorrebbe ordinare online ma Lui ha già controllato e i tempi di attesa sono troppo lunghi.

Lui torna dal supermercato e Lei si altera perché ha dimenticato un sacco di articoli. Lui le dice che ci poteva andare Lei al negozio, senza fare tante storie.

Nel pomeriggio i due lavorano davanti ai rispettivi PC. Lei giocherella con una penna, producendo un ticchettio ritmico.

«La smetti?!» urla Lui.

Si stupisce da solo per quella reazione improvvisa.

Lei non gli concede niente di più di un’alzata di sopracciglia.

«Perché non vai a prendere un po’ d’aria in balcone? Ti vedo nervosetto»

Effettivamente quella del balcone non è una cattiva idea, però Lui si alza sbattendo le mani sulla scrivania, per comunicare disapprovazione verso il tono sarcastico e altezzoso che Lei gli ha riservato.

In balcone Lui prova a fare un po’ di esercizio fisico, un po’ di stretching, poi un rumore sordo rompe la provvisoria tranquillità: Lui senza volerlo ha urtato e fatto cadere il vaso della lavanda.

La sera provano a vedere un film insieme, seduti sul divano. Il titolo lo sceglie Lei, è un legal thriller, genere di cui va matta. Lui sostiene fermamente di averlo già visto, poi si ricrede, è un film talmente banale che assomiglia a mille altri.

Lei non dice niente, non vuole assecondarlo.

Lui comincia ad anticipare situazioni, colpi di scena e battute: ora succede questo, ora fanno quest’altro.

Lei resiste finché può, poi caccia un urlo tale che i cani del vicinato cominciano a latrare all’unisono.

L’assistente virtuale segna il terzo giorno, e un secondo dopo viene lanciato contro un muro.

Lui e Lei hanno disposto una serie di oggetti sul pavimento, per disegnare un confine. Si dividono l’appartamento: una parte per Lei, una parte per Lui. Lei ottiene il bagno grande ma dovrà dormire sul divano-letto, Lui la spunta sul balcone, ma deve concedere un salvacondotto a Lei per la cura delle piante. L’accesso alla zona franca della cucina è pianificato attraverso una precisa tabella turni.

Nel pomeriggio Lui lavora, e per la prima volta da quando è cominciato il domicilio forzato, ha l’impressione di essere produttivo. Fino a quando un fracasso infernale esplode nella casa.

Lei ha messo della musica a volume altissimo, tanto alto che il suono è completamente distorto.

«ABBASSA NON RIESCO A LAVORARE!» le fa Lui.

«NON TI SENTO!» gli mente Lei.

Lui va per abbassare il volume, ma Lei lo stoppa immediatamente con una mano sul petto: «Stai sconfinando» lo informa indicandogli la linea di demarcazione.

L’occasione per la vendetta non tarda ad arrivare: Lui sa che Lei ha l’abitudine di fare la doccia tutte le sere alle 20:00. Il balcone è sotto la sua giurisdizione, e sul balcone c’è la caldaia… quando lei si infila sotto il getto d’acqua un urlo fa di nuovo impazzire i cani del vicinato.

La notte la situazione diplomatica precipita. Il confine non c’è più; i mobili sono stati abbattuti, gli oggetti lanciati contro il nemico. La casa sembra aver subìto un bombardamento. Ma ormai non c’è più niente da difendere, non c’è più niente da attaccare.

Lui e Lei si tengono mano nella mano, in cucina. Piangono. Le lacrime scivolano sui volti e si uniscono al sangue che ancora stilla dalle ferite e dai graffi.

Si promettono che non succederà più. Che da questo momento in poi andrà tutto bene. Si giurano amore eterno.

Si stringono per un tempo che sembra infinito.

Nel silenzio surreale di quel dopoguerra, il rubinetto ricomincia a gocciolare.

Lui afferra da terra una bistecchiera in ghisa e sta per colpire con tutta la sua forza quel cazzo di rubinetto, mentre Lei solleva una sedia con l’intento di rompergliela sulla schiena, e nel frattempo l’assistente virtuale, malandato ma ancora funzionante, suona la sveglia del quarto giorno.

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