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È sempre una questione personale

Un gruppo di giovani stretti fianco a fianco per entrare meglio nell’inquadratura.
Una di loro ha il microfono in mano: «…è per questo motivo che noi ricercatori seguiremo il ministro in tutti i suoi impegni. Lo seguiremo finché non vorrà incontrarci e non vorrà ascoltare le nostre ragioni».
Il flusso video si interrompe. L’interfaccia del programma di montaggio passa dalla modalità anteprima a quella di editing.
Davanti allo schermo, nella sala di montaggio, ci sono Fernando Tancredi e Salvatore De Blasio.

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Non avevo capito niente

“Non avevo capito niente” è un romanzo di post-formazione; Vincenzo Malinconico apparentemente è un uomo fatto, ma ha tutta l’insicurezza di un diciottenne. Vincenzo Malinconico è figlio del suo tempo e del suo dove, un avvocatillo semi-disoccupato di Napoli, separato (e con un complesso di inferiorità nei riguardi della ex) e con due figli più maturi di lui, ai suoi occhi il tribunale ha le stesse dinamiche sociali di un liceo, e la prospettiva di essere un uomo incompleto incombe come una colonna sonora. Sulla testa del protagonista lampeggia al neon quella domanda che tutti, prima ho poi, ci siamo fatti nella vita: “ma che ci sto a fare qui?”. Poi un giorno una telefonata, dal tribunale lo chiamano per una difesa d’ufficio; lui si occupa di civile, ma un tempo ha avuto velleità da penalista, un’ambizione tanto piccola che è bastato dare la disponibilità per le nomine d’ufficio per soddisfarla (“tanto non chiamano mai nessuno”). Insomma un giorno lo chiamano e ad aspettarlo c’è Mimmo o’Burzone…
Avete presente quando vedete un film tratto da un libro, e quel film vi è piaciuto tanto che alla fine avete letto anche il libro? Io non l’ho mai fatto, ma se l’avessi fatto quel libro sarebbe stato “Certi bambini” di Diego De Silva, dal quale è stato tratto lo sconvolgente film di Antonio e Andrea Frazzi, e a quest’ultimo, scomparso nel 2006, è dedicato “Non avevo capito niente”.
Diego De Silva è nato con la camicia, la camicia dello scrittore, uno che sa esaltare il lettore descrivendo anche solo un uomo che beve il caffè, uno che ha la cornea a forma di grandangolo narrativo. Per leggere “Non avevo capito niente” bisogna essere dei surfisti, bisogna saper rimanere in piedi nel maremoto dei pensieri della voce narrante; se non si ha equilibrio si affoga, se invece le onde non mettono paura, ci si diverte un casino. In sintesi De Silva è un maledetto bastardo.
“Certe volte penso che quando alzi la testa, e cominci a muovere le cose e a chiedere, invece di subire tutto praticando il minimo sindacale di resistenza (che poi è il mio modo di vivere), la realtà ti nota. Acquista un po’ di stima nei tuoi confronti e ti rende la vita più facile. Ecco perché all’improvviso capita che trovi posto sotto casa, o una donna ti guarda, o ti offrono un lavoro. Come quando ti fai l’amante, che all’improvviso ti cercano altre quattro o cinque donne contemporaneamente (fra cui un paio di ex che non vedevi da qualche anno), e tu ti domandi: «Ehi, ma dove cazzo stavate fino all’altro ieri?»
da “Non avevo capito niente”, Diego De Silva, Einaudi, pag 151-152.

Prossima lettura ACAB (all cops are bastards), di Carlo Bonini.

*Guardate bene la copertina: la donna si avvicina o si allontana rispetto all’obbiettivo?