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Una proposta molesta / Gli Oscar 2021

Oscar per il miglior film, miglior regia e migliore attrice protagonista al bellissimo “Nomadland”, la storia di una sessantenne che gira tutto il Paese col suo furgone. Probabilmente perché non lo sa parcheggiare.

Miglior sceneggiatura originale a “Una donna promettente”. Stupendo thriller: una cinica trentenne si finge ubriaca per rinfacciare agli altri le proprie mostruosità. Un po’ come me, a parte la faccenda del rinfacciare agli altri e il fatto che io non fingo.

Miglior fotografia e scenografia a “Mank”: un interminabile film in bianco e nero che parla di Grande Depressione. No, non è una diretta streaming del PD.

Miglior film straniero al danese “Un altro giro”. Pellicola molto originale di Vitenberg, che racconta di alcuni integerrimi insegnanti che decidono all’improvviso di lavorare solo da ubriachi. Una storia che voleva essere grottesco-surreale ma che la DAD ha reso neorealista.

Miglior montaggio e miglior sonoro a “Sound of metal”, il toccante dramma di un batterista noise che perde l’udito. Insomma, un film sul karma.

Migliori effetti speciali a “Tenet”. otatnocs oimerP

“Pinocchio” non ha vinto nulla, ma lui dice il contrario.

Discorso sul Discorso del Re

Questo post contiene lo spoiler del film “Il discorso del re” di Tom Hooper.

Il lungometraggio, vincitore dell’Oscar 2011 per il miglior film, è una pellicola lineare e scontata, ogni tanto viene regalata un’inquadratura interessante, ma la sceneggiatura procede sui binari della prevedibilità, un hollywood movie vestito di fumo di Londra. Quello che mi interessa qui descrivere, è però, il finale; il re Giorgio VI, padre dell’attuale regina Elisabetta II, si trova nella spiecevole situazione di informare via radio il proprio popolo dell’entrata in guerra contro la Germania nazista. Il discorso del re, nonostante egli sia balbuziente, fila liscio, anche grazie all’aiuto del suo logopedista. Re Giorgio, soddisfatto, esce dalla sala di registrazione e tutti i presenti gli tributano un applauso convinto, fino all’apoteosi, ovvero l’ovazione della folla fuori i cancelli della residenza reale. Tutto è cucito in maniera tale da esaltare la vittoria personale del re sulle proprie insicurezze, ma il contesto implica un interrogativo che potremmo definire di filosofia etica della sceneggiatura; è giusto dare priorità a un dramma personale rispetto a quello di milioni di persone, ovvero la guerra? Fottersene bellamente di un evento che farà perdere la vita a milioni di persone (e sottolineo come nel film fosse ancora vivo il ricordo della grande guerra, quindi si sapeva bene cosa fosse un conflitto) per essere contenti di aver letto senza intoppi la filastrocca, potrebbe descrivere bene un personaggio sociopatico, ma la musica, l’applauso degli astanti e il tripudio della folla sono artifizi registici per montare l’emozione dello spettatore e favorirne l’immedesimazione col protagonista, e anche questo di per sé non sarebbe un problema se non fosse che dopo ci sono i titoli di coda, e non è stato ristabilito il giusto ordine d’importanza delle cose. Lungi da me pensare che ci fosse volontà da parte dello sceneggiatore (David Seidler, specializzato in storie regali) di sminuire l’importanza e la drammaticità della seconda guerra mondiale, ma quel finale, montato in quel modo, è “disonesto”; non si tratta de “Una giornata particolare”, che racconta la fugace passione di un uomo e una donna mentre in sottofondo vengono diffuse le parole di Mussolini durante la visita di Hitler a Roma, no, nel “Discorso del re” la persona deputata a dichiarare una guerra e comunicarlo alla propria nazione si compiace di come lo ha detto, senza porre la minima preoccupazione su cosa abbia detto, il trionfo della forma sulla sostanza, e se questo sarebbe accettabile da parte di un personaggio, non lo è se il regista tenta di spacciare come “accetabile”, “naturale” e “oggettiva” questa situazione. In sintesi ritengo regista, sceneggiatore e produttori, colpevoli di non aver prestato rispetto al pubblico, negandogli il realismo dovuto (tutti gli elementi storici combaciano con quelli raccontati, in questo quadro lo spettatore si abbandona e accetta ciò che vede come una ricostruzione, anche se filtrata dall’estetica dell’autore), solo per poter confezionare un prodotto più dolce, ma pieno di edulcoranti artificiali.

P.S. Se qualcuno vorrà esporre una posizione diversa sarò ben lieto di leggerla, purché, cortesemente, argomentata.